La storia della famiglia Fleury inizia nel 1895, quando il fondatore, Emile, piantò dei ceppi di pinot innestati su piede americano, dopo la devastazione della fillossera. Dal 1929, il figlio Robert vinifica i propri Champagne, con l’obiettivo di produrre uno Champagne di vigneron di qualità. Nel 1962, Jean-Pierre arriva alla guida dell’azienda, e dopo poco, inizia a gestire i vigneti con criteri biologici, abbandonando l’uso di diserbanti e trattamenti chimici. Nel 1989, primo assoluto tra i viticoltori della Champagne, converte l’azienda alla biodinamica. I figli Jean-Sebastien e Morgane assicurano oggi la continuazione dell’azienda, senza smettere di apportare novità in vinificazione (recente l’adozione di botti di quercia da 60hl, per i vini di annata e di riserva), e di proseguire la grande tradizione di apertura e sostegno verso i piccoli vigneron locali, di cui acquistano le uve ed ai quali mettono a disposizione le strutture di lavoro. “La maison Fleury può vantare il primato in molte cose. Sono stati i primi ad adottare il piede franco nell’Aube dopo la devastazione della fillossera. I primi a fare un passo indietro, negli anni Ottanta, sulla via della chimica per percorrere una strada diversa per ricercare la qualità, la biodinamica. In cantina, le fermentazioni sono innescate con lieviti selezionati, ma con i loro lieviti di vigna allevati e selezionati da loro, quindi “lieviti selezionati autoctoni” – Le migliori 99 maison di Champagne 2014-2015. “Grande difensore della viticoltura biodinamica in Champagne, la famiglia Fleury elabora dei vini saporiti a dominante Pinot nero. Atipica nell’universo champenois, questa azienda visionaria esprime oggi in una gamma saporita la rotondità e la maturità dei pinot nero dell’Aube.” – Le guide des meilleurs vins de France 2017. “Nella Côte de Bar, questa azienda esemplare è un pioniere dell’agricoltura biodinamica. I vini raccolgono oggi il frutto di un lavoro esemplare dei suoli. Qui i vini sono di una precisione, una droiture, e una digeribilità stupefacenti, rappresentando così perfettamente il territorio che li origina.” – Bettane & Dessauve 2016.

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